Il vissuto di disperazione

Può capitare nella vita di sentirsi insopportabilmente tristi.

Ci può sembrare che questa insopportabile tristezza abbia cause inafferrabili, origini incomprensibili e complicate però effetti semplicissimi: la disperazione, il senso di vuoto ed inutilità che si mette al posto, copre e ammanta ogni cosa, ogni rapporto, ogni azione. Svuotandole e facendole appassire.

La disperazione è oggi una parola abusata e banalizzata (un po’ come paranoia, ansia, depressione), ma è una parola seria (come solo le parole sanno essere) e qui la stiamo utilizzando seriamente, con scienza e coscienza.

Per noi indica una tremenda combinazione – uno strano desiderio di morte, mescolato a un disarmante senso di piccolezza e futilità che si presenta come paura della morte stessa. Forse si potrebbe avvicinare a quello che spesso le persone chiama terrore, o angoscia. Ma non è esattamente neanche questo. È più come avere il desiderio di morire per sfuggire alla sensazione insopportabile di prendere coscienza di quanto si è piccoli e deboli e destinati senza dubbio alla morte.

Sono sentimenti talvolta vissuti anche con le persone alle quali si chiede aiuto, nella misura in cui urgenza, impotenza, sensazione di pericolo assumono quasi la forma di oggetti solidi.

Riuscire a pensare in termini di fantasie ed emozioni mette distanza fra quella fantasia e la sua traduzione in un gesto, in un’azione. Disperata appunto.

La stanza di analisi può trasformarsi in quel contenitore in cui depositare il problema, quel sentimento di disperazione, in cui guardarlo insieme e dargli un senso.