Psicologia clinica

Articolo pubblicato su “Acta Psychologica”, N.7 – 03/96

Autore: Lightner Witmer, 1907.

Si tratta di uno dei primi scritti in cui si parla di psicologia clinica.

 

Nel corso degli ultimi dieci anni il laboratorio di psicologia dell’Università della Pennsylvania ha portato avanti, sotto la mia direzione, il lavoro di ciò che io ho definito “una clinica psicologica”. Alcuni bambini delle scuole pubbliche di Philadelphia e delle città circostanti sono stati portati al laboratorio dai genitori o dagli insegnanti; questi bambini si erano fatti notare sia perché presentavano, al confronto con gli altri bambini, un certo impedimento a progredire nel lavoro scolastico sia a causa di una difficoltà di comportamento che rendeva difficile il loro adattamento alle normali regole scolastiche.

Portati alla clinica psicologica, tali bambini venivano sottoposti ad un esame sia fisico che mentale e, se necessario, venivano inviati ad effettuare ulteriori esami specialistici sugli occhi, le orecchie, il naso, la gola o finalizzati a constatare la presenza o meno di disturbi neurologici, nel modo in cui ognuno di questi casi esigeva. Il fine di questo esame sia medico che psicologico è una diagnosi delle condizioni mentali e fisiche del bambino e la proposta di un appropriato trattamento medico e pedagogico. I risultati progressivi di alcuni di questi bambini sono stati seguiti per anni.

Per illustrare il lavoro della clinica psicologica, prendo un caso recente inviato al laboratorio da una città della Pennsylvania, non lontano dalla città di Philadelphia. Il bambino è stato portato dai suoi genitori, su raccomandazione del Soprintendente scolastico. L’esame rivelò che il ragazzo di dieci anni, senza apparenti difetti fisici, aveva già fatto quattro anni di scuola, ma con così pochi progressi che la sua incomprensione delle lettere dell’alfabeto rendeva necessario l’uso di carte figurative per testare la sua visione. Non c’erano elementi, nella sua genealogia o nella storia recente del suo sviluppo, capaci di far pensare al sospetto di una degenerazione e nulla nella sua apparenza fisica autorizzava tale diagnosi. Eccetto che per il ritardo nel lavoro scolastico, il ragazzo sembrava essere di intelligenza normale. L’esame del neurologo presso il quale egli era stato inviato, Dr. William G. Spiller, confermò l’assenza di una rilevante degenerazione mentale e dì difetti fisici. L’oculista, Dr. William C. Posey, non trovò nulla di più serio che un debole astigmatismo e l’esame otorinolaringoiatrico diede al bambino una inequivocabile certificazione di buona salute. Alla fine di questo esame il bambino fu, necessariamente, mandato alla scuola di appartenenza, con la proposta per l’insegnante di un ciclo di trattamento finalizzato allo sviluppo delle capacità intellettive del bambino. Sarà poi necessario richiedere un minimo di tre mesi di osservazione per determinare se il suo presente ritardo pedagogico sia basato su un arresto dello sviluppo cerebrale o siasolo il risultato di un inadeguato metodo educativo. Questo è senza ombra di dubbio un caso per Io psicologo.

Nel 1889 fu, per la prima volta, attirata la mia attenzione al fenomeno del ritardo. In quel periodo, mentre ero uno studente di Psicologia all’Università della Pennsylvania, ho avuto l’incarico di insegnare l’inglese nella scuola che preparava all’entrata al college di Philadelphia. Nella classe di mia competenza in questo istituto fui chiamato ad insegnare l’inglese ad un ragazzo che mostrava una notevole deficienza concernente la lingua inglese. Le sue composizioni solo raramente contenevano frasi scritte correttamente. Per esempio non c’era quasi distinzione fra il tempo passato e quello presente delle forme verbali; la fine di molte parole veniva elisa, e ciò era particolarmente individuabile in quelle parole che avevano la parte finale in funzione della loro distinzione fra singolare e plurale oppure fra forma aggettivale o verbale. Non c’era dubbio che egli non sarebbe potuto entrare all’Università senza uno speciale corso d’inglese ed a me fu affidato il compito di essere il suo tutore in questa particolare esigenza.

Appena intrapreso il lavoro mi accorsi che era necessario iniziare dagli elementi minimi della lingua e insegnarglieli come se fosse uno scolaro della scuola primaria. Dopo molto scoprii che dovevo iniziare come se fosse ancora ulteriormente ritardato. Trovavo impossibile, mediante esercizi orali e scritti, fissare nella sua mente le forme elementari delle parole come parti di una proposizione. Ciò sembrò essere dovuto al fatto che egli presentava una certa inadeguatezza a sentire le parole. Egli si mostrava del tutto capace ad ascoltare un flebile ticchettio, come il battito di un orologio, ma non comprendeva la differenza fra il suono di parole come grasp e grasped. Tale incapacità era associata con, ed ora credo probabilmente causata da, un difetto dell’articolazione. Pertanto il linguaggio scritto era una replica abbastanza esatta del suo linguaggio parlato; ed egli ascoltava probabilmente le parole che gli altri riferivano allo stesso modo in cui riusciva a ripeterle. Io perciò iniziai a provvedere con un addestramento finalizzato a migliorare la sua articolazione affinché potessero essere rimediati i difetti che sono ordinariamente corretti, atta verso l’imitazione, quando un bambino ha tre o quattro anni. Praticamente non prestai alcuna attenzione ai requisiti in Inglese richiesti per l’entrata al college, passavo tutto il mio tempo nell’esercizio articolatorio, nel perfezionamento della sua capacità di ascolto della parola e nell’ insegnargli gli elementi più semplici del linguaggio scritto. Da ciò risultò un grande miglioramento delle sue capacità di scrittura ed egli riuscì ad entrare nel college annesso all’Università di Pennsylvania l’anno seguente.

Nel 1894-95 l’ho ritrovato come studente nella mia classe del college. Il suo modo di articolare le parole, il suo linguaggio scritto e le sue capacità di ascolto erano molto scadenti per un ragazzo della sua età. Di conseguenza egli risultò incapace ad acquisire la terminologia tecnica necessaria a seguire il mio corso di studi e non avevo alcun dubbio che sarebbe stato in grado di superare un numero minimo di esami se non fosse stato per la comprensione che gli accordavano gli insegnanti i quali trascuravano le serie imperfezioni del suo linguaggio scritto, giacché egli per altri aspetti era un allievo discreto. Quando giunse all’esame finale, ad ogni modo, fallì e fu chiamato a ripetere il lavoro del suo ultimo anno di corso. Di conseguenza egli si iscrisse all’Università e si laureò in uno dei corsi professionali. Le sue deficienze di linguaggio, credo, non furono mai del tutto superate.

Io sentivo molto nettamente quanto questo ragazzo avesse perduto a causa dei suoi difetti di linguaggio. Il suo lavoro scolastico, il suo corso al college e la sua carriera professionale è stata seriamente ostacolata. Al tempo io ero fiducioso e la mia fiducia nasceva dalle conseguenti esperienze con casi simili, i quali, mediante un’adeguata istruzione nei primi anni della loro fanciullezza, ebbero modo di superare questo difetto. In conseguenza del miglioramento dell’articolazione della parola, migliorava anche la capacità di apprendere il linguaggio sia scritto che parlato. Nulla tuttavia fu fatto per questo ragazzo nei primi anni del suo sviluppo, né invero dopo, eccetto che per un breve periodo di lezioni private di Inglese e qualche lezione di dizione, bisogna sottolineare che il difetto di linguaggio fu primariamente dovuto ad un danno, alla testa occorso quando aveva due anni; suo padre, un medico, avrebbe potuto prevedere la necessità di un addestramento speciale in un caso di ritardo causato da danno cerebrale.

Il secondo caso di cui mi occupai fu quello di un ragazzo di quattordici anni, mandato al laboratorio dal suo insegnante. Egli era uno di quei ragazzi di grande interesse per l’insegnante, infatti si presentava come un caso di pronuncia molto scadente. L’ insegnante Miss Margaret T. Maguire, ora direttrice della scuola secondaria di Philadelphia, era dell’idea che uno psicologo dovrebbe essere capace, mediante un esame, di capire le cause di un disturbo dei linguaggio e di raccomandare un trattamento pedagogico adeguato per il suo miglioramento e la sua cura.

Con questo bambino, nel Marzo 1896, il lavoro della clinica psicologica iniziò. In quel periodo io non ero dell’opinione che la scienza della psicologia potesse mai essere indirizzata all’accertamento delle cause e al trattamento di disturbi del linguaggio. Ma in questa occasione si era semplicemente in presenza di un difetto dello sviluppo della memoria; e la memoria è un processo mentale del quale bisogna presupporre che la scienza della psicologia fornisca l’unica conoscenza autorevole. Mi sembra che affinché la psicologia possa essere considerata, da me e da altri, di un qualche valore, allora essa dovrebbe essere capace di giovare agli sforzi di un insegnante in un caso di ritardo come questo.

“La prova decisiva del valore di ciò che può essere definito come una scienza è la sua applicabilità”, queste sono parole estrapolate da un recente discorso del Presidente della Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza. In sintonia con Huxley e il Presidente Woodward, credo che non possa esistere nessuna valida distinzione fra una scienza pura ed una applicata. I bisogni pratici dell’astronomo di eliminare l’equazione personale dalle sue osservazioni ha portato all’invenzione del cronografo e del cronoscopio. Senza l’ausilio di questi due strumenti, la moderna psicologia non avrebbe potuto raggiungere i risultati degli ultimi cinquant’anni. Se Helmoholtz non avesse fatto del cronografo uno strumento di precisione in fisiologia e in psicologia, se Fechner non avesse sollevato un peso affinchè fosse determinata la soglia della sensibilità, l’ambito di lavoro scientifico rappresentato oggi dalla psicologia clinica non sarebbe potuto mai essere sviluppato. Le scienze pure ed applicate avanzano sulla medesima via. Ciò che ostacola il progresso dell’una, ostacola anche il progredire dell’altra. Ma in ultima analisi il progresso della psicologia, come quello di ogni altra scienza, può essere determinato dal valore e dal numero dei suoi contributi all’avanzamento dell’umanità.

L’assenza di qualsiasi principio che mi guidasse in questo lavoro rendeva necessario che mi impegnassi direttamente io allo studio di questi bambini, elaborando dei metodi personali fondati sui progressi del mio lavoro, Nella primavera del 1896 vidi molti altri casi di bambini che soffrivano per il ritardo di una specifica funzione, come poteva essere la pronuncia, o di un ritardo generale; iniziai quindi a trattare questi bambini per un certo numero di ore ogni settimana. Da allora la clinica psicologica ha portato regolarmente avanti il suo lavoro in collaborazione con il laboratorio di psicologia dell’Università della Pennsylvania. Allo studio di questi casi è anche stata riservata una parte della formazione offerta agli studenti di psicologia dello sviluppo.

Nel Dicembre del 1896, io ho descritto a grandi linee in una comunicazione riferita davanti all’American Psychological Association uno schema attinente ai lavoro pratico in psicologia. Il piano organizzativo proposto comprendeva:

1) L’indagine sul fenomeno dello sviluppo mentale del bambino in età scolastica, così come particolarmente si manifesta, nel ritardo mentale e nei disturbi comportamentali, con l’ausilio del metodo statistico e del metodo clinico.

2) Una clinica psicologica, integrata da una training school con il carattere di una scuola ospedaliera, per il trattamento di bambini di ogni classe i quali soffrano di ritardo mentale o di difetti fìsici che interferiscono con i progressi scolastici.

3) Offerta di tirocinio pratico, concernente l’osservazione e l’addestramento per lavorare con i bambini normali e ritardati, a coloro che si occupano delle professioni concernenti l’insegnamento, la medicina e il servizio sociale.

4) L’addestramento di studenti finalizzato ad una nuova professione — quella dello specialista in psicologia — che dovrebbe espletarsi in relazione al sistema scolastico, mediante l’esame e il trattamento dei bambini ritardati e con disturbi dei comportamento, oppure in connessione con la pratica della medicina.

Nell’estate del 1897 il dipartimento di psicologia dell’Università della Pennsylvania fu in grado di rendere operativa la gran parte di questo piano. Un corso di quattro settimane è stato condotto sotto gli auspici della Società Americana per l’Estensione dell’Insegnamento Universitario. In aggiunta ai corsi teorici e di laboratorio in psicologia sperimentale e fìsiologica, è stato fatto un corso in psicologia dello sviluppo affinché fossero mostrati i vari metodi usati nella psicologia dello sviluppo, con speciale riguardo al metodo clinico.

La clinica psicologica lavorava ogni giorno e la training school operava sotto la supervisione dì Miss Mary Marvin. Nella clinica sono stati osservati casi di bambini che presentavano difetti alla percezione visiva, uditiva, all’attività motoria oppure disturbi attinenti la memoria e l’attenzione. Nella scuola che durava tutta l’estate, i bambini ricevevano un corso di apprendimento finalizzato al trattamento pedagogico per la cura della balbuzie e di altri difetti della parola, per i difetti del linguaggio scritto (come la scadente formazione delle parole), e per i difetti motori.

Da allora fino ad oggi, ho continuato in questo lavoro di diagnosi e cura dei bambini nella clinica psicologica. Il numero dei casi che potevano esser visti ogni settimana è stato limitato perché i mezzi a disposizione non erano adatti al trattamento di un largo numero di bambini. Sono anche consapevole del fatto che prima di offrire su larga scala questo tipo di trattamento ho bisogno di qualche anno di esperienza e di studi più estesi che possono solo essere ottenuti attraverso la prolungata osservazione di un piccolo numero di casi. Ho stimato soprattutto necessario avere un piccolo gruppo di studenti da addestrare e sui quali poter fare affidamento. Credo che ora sia giunto il momento di uno sviluppo su più larga scala di questo tipo di lavoro. Per raggiungere questo obiettivo e per provvedere ad una adeguata pubblicazione dei risultati ottenuti in questo nuovo campo di indagini psicologiche è stata decisa la fondazione di questa nuova rivista: “The Psychological Clinic”.

La mia personale preparazione per questo tipo di lavoro è stata agevolata dal fatto che collaboravo come consulente psicologo con la Pennsylvania Training School per bambini deboli di mente a Elwyn, con la Haddonfield Training School e con la Miss Marvin’s Home School nella parte occidentale di Philadelphia.

La psicologia clinica è naturalmente molto strettamente imparentata con la medicina. Proprio agli inizi del mio lavoro io fui molto incoraggiato dagli apprezzamenti che l’ex Rettore dell’Università di Pennsylvania, Dr. William Pepper, che propose di fondare un laboratorio di psicologia collegato con il laboratorio clinico di medicina. Nel suo suggerimento, la psicologia sarebbe stata una delle principali branche su cui doveva essere basata l’organizzazione del nuovo corso di medicina di durata quadriennale.

Nella conseguente riorganizzazione del corso di medicina, ad ogni modo, fu ritenuto necessario eliminare l’insegnamento della disciplina dal corso di studi.

Voglio anche riconoscere la mia gratitudine al Dr. S. Weir Mitchell per la sua collaborazione nell’esaminazione di un certo numero di casi e per il suo costante interesse nei confronti di questo nuovo terreno di ricerca. Mi sono giovato di una simile collaborazione anche con il Dr. Charles K. Mills, il Dr. William G. Spiiler, il Dr. Harrison Allen, il Dr. Alfred Stengel, il Dr. William Campbell Posey, il Dr. George C. Stout e con il Dr. Joseph Collins di New York. Il Dr. Collins continua questa collaborazione come direttore associato della rivista The Psychological Clinic.

Il riconoscimento del rapporto esistente fra la psicologia e la pratica della medicina generale e della psichiatria in particolare è lentamente cresciuto. Il primo trattamento sistematico degli alienati fu sviluppato da Pinel alla fine del Diciottesimo secolo, periodo marcato dalla rapida evoluzione della psicologia come scienza e nel quale si svilupparono il lavoro di Pereire attinente l’insegnamento del linguaggio orale ai sordi ,e l’“Emilio” di Rousseau. Un piccolo numero di medici aveva mantenuto una naturale attitudine per l’analisi psicologica. Da essi è risultato il principale sviluppo degli aspetti medici concernenti la psicologia, da Segnin e Charcot in Francia, Carpenter e Maudsley in Inghilterra e Weir Mitchell in questo paese. Le intuizioni psicologiche portarono lontano questi medici o insegnanti, sulla strada di importanti risultati professionali. Tuttavia oggi la necessità di una più definita conoscenza del metodo psicologico dei fenomeni psichici è fortemente sentita. È ragguardevole il fatto che forse il più importante nome legato alla psichiatria è quello di Kraepelin, il quale fu fra i primi ad usufruire dell’addestramento in psicologia sperimentale permesso dal recente laboratorio istituito a Lipsia.

Sebbene la psicologia clinica sia strettamente collegata alla medicina, essa è anche legata da vicino alla sociologia e alla pedagogia. Anche le aule scolastiche, il tribunale dei minorenni e le strade possono essere considerate un rilevante laboratorio di psicologia. Una parte abbondante di materiale utile alla ricerca scientifica non viene usato perché l’interesse degli psicologi è riservato ad altro  e quelli che sono in costante contatto con i fenomeni relativi alla realtà quotidiana non possiedono la formazione necessaria per dare alla loro esperienza e alle loro osservazioni una qualche rilevanza scientifica.

Intanto il campo di studi specifico della psicologia clinica è in una certa misura occupato dal medico, e specialmente dallo psichiatra, e mentre io mi aspetto di poter contare in gran misura sull’educatore e sull’assistente sociale per i più importanti contributi a questo ramo della psicologia, è indubbio che nessuno di questi possiede una formazione adeguata a questo tipo di lavoro. In quanto a ciò neppure lo psicologo ha questa formazione, a meno che non avesse acquisito tale istruzione in altri ambiti piuttosto che nel normale corso di formazione in psicologia. In realtà, noi stessi dobbiamo mirare ad insegnare la nuova professione che benché venga esercitata con particolare riguardo ai problemi riguardanti l’educazione, avrà come prerequisito l’addestramento come psicologo.

Per tale ragione una parte non piccola del lavoro al laboratorio di psicologia all’Università della Pennsylvania nei passati dieci anni è stata finalizzata all’addestramento di studenti in psicologia dello sviluppo e specialmente all’apprendimento del metodo clinico. La gran parte di questi studenti è stata attivamente impegnata nella professione di insegnante. Importanti lavori di psicologia e di pedagogia, la cui pubblicazione, sotto forma di monografia, è stata già avviata, serviranno alla dimostrazione di quali originali contributi di ricerca possono essere messi in evidenza da coloro i quali sono attivamente impegnati nell’insegnamento o nelle altre aree professionali di applicazione. Hanno dato inoltre il loro appoggio al lavoro svolto dal laboratorio di psicologia, il Sovrintendente Twitmyer, di Wilmington; il Sovrintendente Bryan, di Camden; il Sovraintendente di distretto Cornman, di Philadelphia; Mr. J.M. McCallie, Preside della Trenton Schools; Mr. Edward A. Huntington, Preside della Scuola Speciale di Philadelphia; Miss. Clara H. Town, psicologa al Friends’ Asylum per alienati e un certo numero di docenti speciali per bambini ciechi, sordi e deboli di mente. Non mi sarei avventurato nella pubblicazione di questo giornale se non mi fosse stata accordata l’assistenza dei colleghi di lavoro della clinica psicologica anche come collaboratori del giornale. Così come il nostro impegno è nato nel distretto di Philadelphia, è possibile che un gran numero di studenti, addestrati per portare avanti un simile lavoro di psicologia clinica, possano fondare istituti simili a questo anche altrove. Dunque risulta auspicabile che questo giornale abbia su di loro una larga influenza e che riesca ad estendere la collaborazione fra tutti coloro che si occupano di psicologia clinica nel paese.

La fraseologia “psicologia clinica” e “clinica psicologica” può senza dubbio suonare come una strana giustapposizione di termini relativa a soggetti del tutto diversi. Mentre il termine clinico è stato preso in prestito dalla medicina, la psicologia clinica non è una psicologia medica. Io ho estrapolato il termine clinico dalla medicina perché è il miglior termine che ho trovato per indicare il tipo di metodo che giudico necessario per questo lavoro. Le parole raramente mantengono il loro significato originario e la medicina clinica non è ciò che la parola normalmente denota, il lavoro del medico applicato al capezzale del malato. Il termine “clinico” implica un metodo e non un luogo fisico. Quando il metodo clinico nella medicina fu istituito su basi scientifiche, soprattutto per il contributo di Boerhaave all’Università di Leiden, il suo sviluppo venne in risposta alla reazione contro i metodi filosofici e didattici che in misura maggiore o minore dominavano la medicina fino ad allora. La psicologia clinica ugualmente è un modo per protestare contro una psicologia che deriva i principi psicologici e pedagogici dalle speculazioni filosofiche ed anche contro una psicologia che applica i risultati delle ricerche di laboratorio direttamente ai bambini nelle aule scolastiche.

L’interesse dell’insegnante è, e dovrebbe essere finalizzato, ai temi compresi nel programma del corso di studi e a quelli che lui spera di infondere nelle menti dei bambini destinati alle sue cure. Non è ciò che il bambino è, ma cosa questi dovrebbe avergli insegnato che occupa il centro dei suoi interessi. La Pedagogia è primariamente orientata alla istruzione di massa, il che implica insegnare i punti del programma di studi alla intera classe dei bambini senza riferirsi alle differenze individuali presenti fra i membri di una classe. Lo psicologo clinico invece è primariamente interessato al singolo bambino. Così come il medico esamina un suo paziente e propone il suo trattamento con uno scopo preciso da raggiungere, vale a dire la guarigione del paziente, così lo psicologo clinico esamina un bambino con un solo obiettivo in vista ovvero la prossima tappa evolutiva nello sviluppo psichico e fìsico del bambino. È qui che la relazione fra scienza e pratica diventa meritevole di essere evidenziata. Il medico può infatti avere nella propria mente la cura del suo paziente, ma se egli è più che un mero applicatore pratico e punta a contribuire all’avanzamento della medicina considererà i suoi sforzi alla guisa di un esperimento; infatti benché ogni aspetto di tale pratica deve invero avere un ben definito obiettivo, — la cura dei paziente, — tuttavia questo medico punterà allo studio di ogni reazione favorevole o sfavorevole del paziente in riferimento alle sue pregresse condizioni di salute e ai mezzi curativi impiegati. Allo stesso modo il fine della psicologia clinica, come contributo alla scienza, è lascoperta di relazioni causali nell’applicare i vari rimedi pedagogici al bambino sofferente di una forma generale o particolare di ritardo.

Non vorrei però che il metodo della psicologia clinica possa essere necessariamente limitato allo studio dei bambini con ritardo mentale o comportamentale. Infatti, questi bambini non sono, propriamente parlando, anormali e neppure la condizione di molti di loro può essere definita in qualche modo patologica. Essi deviano dalla media degli altri bambini solo perché si trovano ad un livello di sviluppo inferiore. La psicologia clinica, dunque, non esclude dal suo campo di studi anche gli altri tipi di bambini che deviano dalla normalità — per esempio i bambini precoci o quelli superdotati. Ma il metodo clinico è indubbiamente applicabile anche al cosiddetto bambino normale. Infatti per quanto riguarda i metodi della psicologia clinica, essi sono necessariamente chiamati in causa dovunque lo stato di una mente individuale è determinato tramite l’osservazione e l’esperimento, e il trattamento pedagogico applicato per apportare un cambiamento finalizzato, per esempio, all’evoluzione di tale mente individuale. Dunque, sia che il soggetto d’indagine risulti un bambino, sia che si tratti invece di un adulto, la diagnosi e il trattamento possono essere condotti e i loro risultati espressi nei termini del metodo clinico.